Chi è vittima di un grave infortunio o di una malattia si ritrova puntualmente confrontato a una diminuzione del reddito in seguito alla riduzione delle proprie capacità. Quanto maggiore è la perdita di guadagno dovuta alla disabilità tanto più alto è il cosiddetto grado di invalidità. Nel sistema di rendite delle assicurazioni sociali, il grado d’invalidità assume perciò un’importanza cruciale: esso, infatti, determina il diritto alla rendita di invalidità sia rispetto all’assicurazione invalidità (AI), sia rispetto all’assicurazione contro gli infortuni o alla cassa pensione. Di regola, quindi, più alto è il grado d’invalidità, più ampio è il diritto alla rendita della persona interessata.
Ne consegue che ad influire sul grado d’invalidità – e quindi sul diritto alla rendita – non è tanto la gravità delle lesioni derivanti dall’incidente o dalla malattia, quanto piuttosto la perdita di guadagno che la persona interessata ha subito in seguito all’infortunio o alla malattia.
Il legislatore ha ancorato questo principio nell’art. 16 della LPGA, che definisce il metodo di calcolo del grado d’invalidità e di conseguenza il diritto alla rendita di invalidità di una persona che esercita un’attività lucrativa. Prima di tutto, si valuta quale reddito la persona disabile è ancora in grado di ottenere nonostante le sue limitazioni. Questo cosiddetto «reddito con invalidità» viene poi confrontato al reddito che l’interessato o l’interessata avrebbe potuto percepire se non fosse disabile (il cosiddetto «reddito senza invalidità»).
Esempio pratico
Se una persona aveva un reddito annuo di 80 0000 franchi prima di incorrere in un handicap dovuto a incidente o malattia e di conseguenza oggi riesce a guadagnare solo 30 000 franchi all’anno, essa ha subito una perdita di guadagno di 50 000 franchi. Rispetto al reddito senza invalidità di 80 000 franchi, la perdita di guadagno equivale a un grado d’invalidità del 62,5% (100 x 50 000.– / 80 000.–).
Da questo esempio di calcolo risulta chiaramente che il grado d’invalidità, e dunque anche il diritto alla rendita, aumenta con l’aumentare della differenza tra il reddito prima dell’invalidità e il reddito da invalido, poiché è maggiore la perdita di guadagno utilizzata per il calcolo del grado d’invalidità.
La carriera da invalido
In linea di principio, il reddito senza invalidità viene calcolato sulla base dell’ultimo salario percepito, se necessario adeguandolo al rincaro e all’evoluzione reale dei redditi. Infatti, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, l’esperienza pratica dimostra che l’attività esercitata fino a quel momento sarebbe proseguita in assenza di danni alla salute.
Tuttavia, in questi tempi in cui molte persone attive professionalmente si perfezionano di continuo e quasi più nessuno rimane fedele fino alla pensione al mestiere scelto inizialmente, il suddetto principio si rivela problematico perché esclude di fatto una progressione positiva del reddito.
È il caso di un giovane che mentre stava svolgendo l’apprendistato come impiegato di commercio al dettaglio AFC, aveva avuto un grave incidente con conseguente paraplegia completa. A causa dell’incidente non aveva potuto proseguire il suo apprendistato.
Si era quindi riqualificato come informatico, riuscendo rapidamente ad avere successo nella nuova professione. In poco tempo era stato promosso e il suo stipendio era così aumentato. E ciò non gli ha giovato per quanto riguarda l’assicurazione contro gli infortuni, dato che essa partiva dal presupposto che – in assenza dell’incidente – il giovane sarebbe rimasto un impiegato di commercio al dettaglio e aveva perciò calcolato il suo reddito senza invalidità basandosi sul salario di un impiegato di commercio. Di conseguenza, aveva messo a confronto quest’ultimo salario con quello di un informatico, cioè con lo stipendio effettivo del giovane.
E siccome lo stipendio di un informatico è più alto di quello di un impiegato di commercio al dettaglio, in definitiva non ne deriva alcuna perdita di guadagno e quindi alcun grado d’invalidità tale da giustificare una rendita. Il giovane è andato fino al Tribunale federale sostenendo che se è stato capace di fare carriera in quanto persona in sedia a rotelle, ne avrebbe fatta sicuramente ancora di più senza questa disabilità. Per questo motivo, chiedeva che il suo grado d’invalidità fosse calcolato sulla base di un salario da informatico più elevato, da cui scaturiva il diritto a una rendita d’invalidità nei confronti della sua assicurazione contro gli infortuni.
Un secondo caso, riportato in una sentenza del Tribunale federale dello scorso febbraio, riguardava una giovane donna che inizialmente aveva completato un apprendistato come operatrice sociosanitaria AFC, per poi specializzarsi con un diploma in infermiera SUP. Successivamente, la giovane aveva avuto un incidente riportando una tetraplegia incompleta. Ovviamente non poteva più continuare a lavorare come infermiera SUP, motivo per cui aveva frequentato una scuola universitaria professionale ottenendo un bachelor e un master in cure infermieristiche. In seguito, aveva lavorato come collaboratrice scientifica e docente presso una scuola superiore specialistica e infine come esperta in cure infermieristiche.
Anche in questo caso, la controversia è arrivata fino al Tribunale federale per stabilire quali entrate la giovane avrebbe potuto ottenere oggi se non fosse stata disabile. La ricorrente sosteneva che oggi avrebbe ricevuto almeno il salario più alto di esperta in cure infermieristiche e non lo stipendio di infermiera diplomata che è più basso. Infatti, se era riuscita a completare una specializzazione malgrado le limitazioni del suo handicap e lavorare come esperta in cure, a maggior ragione avrebbe potuto farlo se non fosse diventata disabile.
La giurisprudenza del Tribunale federale
Il Tribunale federale ammette che per determinare il reddito senza invalidità bisogna considerare anche l’evoluzione professionale che la persona assicurata avrebbe compiuto normalmente. Ciò richiede, però, «che esistano indizi concreti che l’avanzamento professionale con relativo reddito più elevato sarebbero stati effettivamente raggiunti senza danni alla salute». Gli indizi di un progresso professionale devono «in linea di principio sussistere anche per i giovani assicurati, nella forma di elementi concreti presenti già all’insorgere del danno alla salute».
In entrambi i casi summenzionati, il Tribunale federale è giunto alla conclusione che né il giovane uomo né la giovane donna presentavano, al momento dell’incidente, elementi concreti che presagissero un’ulteriore formazione per diventare informatico o esperta in cure infermieristiche.